Goliardia: la giustificazione sociale per i pessimi comportamenti maschili

Cosa significa goliardia? Cosa è una goliardata?

La goliardia è la manifestazione di una vita spensierata e gaudente ci dice la Treccani.

La goliardata è un’azione dettata da spirito golirardico, uno scherzo pesante, una bravata.

Io dico che è la manifestazione della giustificazione sociale e culturale della violenza maschile e del disprezzo per le donne e per qualsiasi forma di vita.

Molte delle giovani donne che seguo provano rabbia davanti all’uso compulsivo di questi termini quando un fatto di cronaca riguardante la violenza maschile viene archiviato alle suddette voci. Le sento dire: non è una goliardata.

Siamo sicure che non lo siano?

Vorrei partire da un fatto di cronaca sportiva recente.

In occasione della vittoria dei mondiali di calcio maschili l’argentino Dibu Martinez prende il trofeo come miglior portiere, se lo porta sui pantaloncini all’altezza del pene e lo rivolge verso la tifoseria francese per dire loro “potete succhiarmelo”. Sorvolerò in questo caso sul fatto che la fellatio nella cultura maschile è un atto di umiliazione personale, sociale e politico, non un qualcosa per entrare in relazione; arriverò, invece, dopo al fallocentrismo della goliardia.

Un gesto che ha sollevato non poche proteste, ma la quantità di proteste, per quanto numerosissime, non deve far pensare che la maggioranza del mondo concordi con chi ha protestato. Se veramente fosse un gesto diffusamente riconosciuto come violento non sarebbe venuto in mente ad un uomo di agirlo a beneficio planetario di telecamera; così come non lo avrebbe fatto se non fosse un gesto trans-culturale quindi riconoscibile a livello globale. Questo ci dice che il dominio sessuale, sociale, culturale maschile ha dei tratti universalmente riconosciuti, ci dice anche che sono atti universalmente accettati.

Questa accettazione è dimostrata dal fatto che l’ex compagno di squadra Viviano non solo ha potuto ma ha anche ritenuto doveroso schierarsi in difesa dell’uomo e del gesto, altro che separazione dell’uomo dall’artista. Gli uomini si difendono fra di loro nell’integrità e nell’interezza di chi sono e anzi pretendono costantemente di essere presi in considerazione nella totalità di chi sono.

Nella sua difesa Viviano ci narra il Martinez del passato e per farlo inizia ad attingere a tutto il vocabolario della guerra, della battaglia, della cavalleria e dell’eroismo.

Ecco perché, per il suo vissuto prima ancora che per le sue indubbie qualità in porta, Dibu ha dimostrato urbi et orbi di avere palle quadrate e una forza mentale devastante: fattori fondamentali per conquistare traguardi prestigiosissimi. Se non hai self control e sangue di ghiaccio non puoi sollevare una Coppa del mondo, non puoi gestire la pressione di difendere la porta di una delle Nazionali favorite.

Viviano col suo ragionamento porta le persone a vederlo prima di tutto come uomo, poi come sportivo e fa un ping pong discorsivo fra “separo l’atleta dall’uomo” e “unisco l’atleta con l’uomo”. Lo fa in modo tendenzioso ed utilitaristico: quando vuole che vediamo l’uomo per indurci ad empatizzare con lui li separa, quando vuole che proviamo ammirazione li unisce per portarci ad immaginarlo come un essere che si è elevato, ha trasceso, la condizione umana per diventare l’eroe, il mito, la leggenda.

Buffo come per difendere un gesto che sostanzialmente usa la sessualità come forma di punizione e umiliazione Viviano ci ricordi che lui ha “le palle”, una qualità che collega direttamente alla forza mentale, al coraggio, al controllo, alla freddezza.

E aggiunge:

Però poi c’è la fila quando c’è da attaccare un ragazzo che, nell’euforia di un momento storico, in botta di adrenalina, si lascia andare a un’esultanza goliardica dopo essere diventato campione del mondo. Cerchiamo di essere seri.

E qui torniamo alla questione della goliardia: Viviano ci dice che quel gesto è stata una leggerezza felice che infrange le regole sociali e morali dovuta alla biologia combinata con il trionfo sul campo (di battaglia- agonismo). Se la goliardia, come ci dicono i dizionari, è la manifestazione di una vita spensierata e gaudente collegata a trasgressione, avventura e cameratismo quel gesto è effettivamente qualcosa di goliardico.

Il problema dunque non è se è o non è goliardia, ma che valore e che effetti ha la goliardia: è irrilevante? Nel senso, è privo di effetti tangibili nella vita di tutti i giorni?

Andiamo avanti col ragionamento.

La goliardia produce goliardate cioè, sempre da dizionario, azioni dettate da spirito goliardico; ha carattere di improvvisazione, della leggerezza e della spacconata. La goliardata ha come sinonimi la bravata, lo scherzo pesante, la ragazzata.La goliardata dunque è accompagnata da audacia, arditezza e cameratismo; termini che oggi sembrano vecchi come la muffa, più vecchi di una mummia ma che invece regolano nella materialità delle situazioni quotidiane non la società italiana ma il mondo intero.

Queste parole non vengono più utilizzate, ma le azioni che descrivono invece vengono ancora messe in atto.

La goliardata è l’espressione più alta e concreta della virilità stessa, cioè di ciò che è da uomo/ragazzo/bambino, ciò che un uomo può essere, ciò che gli è permesso; il campo sterminato di possibilità di agire infrangendo le regole senza conseguenze; di usare la violenza e trovare non solo giustificazione ma, persino, sostegno e approvazione.

Non è mascolinità tossica, è mascolinità, punto.

Prendiamo ad esempio un altro fatto recentissimo di cronaca.

E’ stato condannato Andrea Serrani, l’uomo che, uscendo dallo stadio, aveva palpeggiato la giornalista Greta Beccaglia collegata in diretta televisiva. Anche in quel caso ci fu un’esplosione di reazioni di condanna, ed anche in questo caso il numero di reazioni di condanna non devono far pensare che la condanna sia la posizione della maggioranza dell’umanità.

Per difendersi, l’uomo, proprio ai microfoni di una delle trasmissioni più goliardiche d’italia – la Zanzara – aveva definito il suo gesto come una goliardata dettata dalla stizza per la partita persa.

Martinez e Andrea, il campione e l’uomo comune, dunque hanno condiviso un sentimento negativo, il primo verso la tifoseria francese, il secondo verso la squadra avversaria che aveva battuto sul campo (di battaglia-agonistico-sportivo) la sua squadra. Entrambi, l’eroe dell’olimpo sportivo e l’uomo comune che serve pasti al pubblico, hanno risposto ad un torto con una goliardata.

Martinez ha potuto farlo dalla posizione di dominio del vincitore imponendo un’umiliazione simbolica e collettiva usando la sessualità in modo simbolico e punitivo; il secondo, non avendo questa possibilità, ha deciso di scaricare la sua frustrazione accanendosi su una persona reale, in carne e ossa e quella persona era una donna.

Si è permesso un accesso alla donna senza che questo corrispondesse al desiderio della donna; lo ha fatto anche lui a beneficio di telecamera.

Un gesto che vive della consapevolezza inconscia che agli uomini questo è permesso, che troverà appoggio e riconoscimento e sostegno dai suoi simili e i suoi simili sono sempre in una posizione di tale dominio da poter imporre qualsiasi gesto.

Un sostegno che in effetti è arrivato fin da subito, proprio dal conduttore della trasmissione sportiva che ha invitato la cronista, Beccaglia, a non prendersela.

Ci sono molti non detti in quella frase, dei non detti che le donne subisco ogni giorno a casa, in famiglia, a scuola, a lavoro, all’università.

Non essere esagerata, era uno scherzo (goliardata- scherzo pesante)

Ma fattela una risata. Non essere pesante. Oramai non si può più scherzare. Oramai non si può più.

Ma anche

Cerca di capirlo/capirli, gli era successo X. Poverino era frustrato. Era stato licenziato. Prendi una donna, trattala male.

Le frasi non sono neutre, hanno alle spalle il carico di secoli di immaginario.

Se un uomo ha per tappetino del mouse una scritta “nella mia vita solo zoccole” (io l’ho visto) e pretende che questa cosa venga accolta come una leggerezza divertente; sta facendo esattamente come Martinez e anzi compartecipa attivamente e in prima persona a quella cultura della violenza come forma di divertimento, del disprezzo come intrattenimento e sfogo; del dileggio delle donne come purificazione personale e sociale con la scusa della frustrazione.

Sicuramente una condanna può ristabilire almeno formalmente una forma di giustizia, ma non ha la forza di eliminare lo squilibrio di potere sessuale, sociale, culturale che permette alla goliardia di esistere.

Ad una condanna corrispondono milioni di giustificazioni.

Un esempio di questo è dato da uno dei film più amati dal pubblico maschile, un film che fa parte integrante della cultura maschile e che gli uomini citano e che tramandano alle successive generazioni di uomini.

Quel film è l’Attimo fuggente; un concentrato assoluto di goliardia (audacia, arditezza e cameratismo) in cui al pubblico viene chiesto di parteggiare per la goliardia, di vedere quanto eroismo, potenza, bellezza, forza ci sia nella goliardia.

E provo a fare un esempio:

In una delle scene R.W. Chiede alla classe

Il linguaggio è un modo…

Di comunicare, riceve come risposta.

E lui ribatte

No! Di rimorchiare le donne

E l’intera classe composta di soli maschi ride fragorosamente e in modo appassionato e sentito.

L’apoteosi goliardica del film viene raggiunta alla fine dal film, quando il “padre” goliarda viene allontanato dalla scuola e accomiata dai suoi allievi goliardi.

A quel punto arriva il gesto di trasgressione, l’opposizione ostile alle regole: gli allievi salgono sul banco e scandiscono “Capitano, mio capitano”.

Ancora una volta viene evocata la battaglia, ma anche la ribellione e quindi l’eroismo insito nel disprezzo e nella trasgressione per le regole. Un gesto che entra nella cultura per glorificare la virilità: da ragazzi, i protagonisti, diventano uomini; la goliardia è la palestra di vita degli uomini, non è la mascolinità tossica, ma l’idea che deve forgiare cose è un uomo.

In sostanza quando un uomo si appella alla goliardia non vuole sminuire, minimizzare o ridimensionare; quando si appella alla goliardia un uomo rivendica il diritto di usare violenza, trasgressione, mancanza di rispetto perché di sesso maschile; dice che così è stato educato e che così va il mondo.

Insomma la goliardia ci ricorda che se vogliamo l’eroismo dobbiamo accettare il disprezzo, la molestia, l’oggettificazione dei corpi perché quello è il prezzo che come donne dobbiamo accettare per poter ammirare coraggio, bellezza, forza, audacia, potenza. E questa cosa dobbiamo accettarla per strada, a scuola, fra le lenzuola e sul luogo di lavoro, in qualsia modo si presenta.

La goliardia è goliardia. I gesti goliardici sono esattamente quello che dicono di essere e fanno schifo.

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