Aborto: molto più di un diritto

Nel 2023 siamo ancora costrette a dover difendere la possibilità di abortire e soprattutto di poterlo fare in modo LIBERO, GRATUITO e SICURO.

C’è chi dice che non sia un diritto, chi accusa le donne di “omicidio” e chi, come il sen. Gasparri, vorrebbe distruggere ogni centimetro di indipendenza e liberazione e autonomia riproduttiva delle donne presentando leggi per il “riconoscimento giuridico del concepito”.

Un attacco alle donne in piena regola e del peggior patriarcato, maschilista ed eteronormato.

Le donne hanno sempre abortito, anche e soprattutto, quando non solo l’aborto non era una possibilità garantita dalla legge in termini di gratuità e sicurezza, le donne hanno abortito quando farlo era CONTRARIO alla legge.

Le donne hanno abortito quando farlo significava infrangere la legge, essere incarcerate, perdere il lavoro, essere additate pubblicamente come assassine e poco di buono con tutte le conseguenze del caso. Quando abortire significava anche perdere la vita, morire.

Che le donne abbiano abortito in quelle condizioni è la dimostrazione che l’aborto è molto più di un diritto.

Non è autodeterminazione, è molto di più. C’è in gioco molto di più.

L’aborto è il modo per arginare il potere sessuale maschile nella sua prevaricazione, nella consapevolezza di poter imporre sui corpi delle donne qualcosa di duraturo nel tempo.

Alla base dell’aborto ci sono gli stupri; alla base dell’aborto c’è il disprezzo maschile che pretende una sessualità non protetta; c’è l’aspettativa che diremo sempre sì perché è così che veniamo educate fin da piccole: a dire sì, a sentirci inadeguate, a sentirci sbagliate e per rimediare dobbiamo esaudire i desideri dell’altro, anche nell’ambito della nostra sessualità e discapito del nostro desiderio.** Alla base dell’aborto c’è la lotta che si oppone alla contraccezione. Alla base dell’aborto c’è il rifiuto di educare alla sessualità, di anche solo parlare di sessualità, perché farlo metterebbe a nudo tutto il dominio maschile.

Le femministe non hanno chiesto una leggere che regolamentasse l’aborto, hanno chiesto che l’aborto non fosse più un reato, le femministe hanno affermato che non volere dei figli non avrebbe più dovuto essere un crimine né essere visto come una forma di egoismo contornatura.

La regolamentazione maschile ha comportato l’obiezione di coscienza che è la scappatoia per continuare ad esercitare del potere sulle donne.

L’aborto è molto più di un diritto, perché è l’atto di giustizia storico con cui affermiamo, in quanto donne, che le nostre volontà contano, i nostri desideri contano, le nostre aspettative contano, la nostra sessualità conta e che nessuno può pensare di continuare a trattarci come corpi di servizio.

La difesa dell’aborto significa affermare che non ci piegheremo alle regole del patriarcato.

Le leggi che depenalizzano l’aborto sono solo atti di giustizia storia.

**Per il piacere di chi sto abortendo? Carla Lonzi

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