Carla Lonzi e Adrienne Rich (ma anche C. MacKinnon) si sono concentrate sullo squilibrio di potere fra i sessi e sull’eterosessualità non come orientamento ma come sistema di dominio e come paradigma da imporre al sesso femminile.
Molte (forse) oggi pensano che la critica all’eterosessualità significhi una critica al desiderio che le donne eterosessuali e le bisessuali provano verso il sesso maschile; non è così.

Né Lonzi, né Rich né MacKinnon avrebbero criticato il desiderio femminile nel suo esistere; anzi direi l’opposto: il loro obiettivo era liberare il desiderio femminile dalla norma imposta dal sesso maschile. Liberare il desiderio, la sessualità femminile, la creatività e quindi la vita stessa di ogni singola donna (ma anche delle bambine e delle ragazze, ovviamente).
Rich arriva dove Lonzi non poteva (o voleva) arrivare. Leggerle è stato come vedere uno spartito che passa da mano di donna a mano di donna in cui ciascuna ha lasciato le sue note in sintonia.
Lonzi scrive da bisessuale che ha capito che aprire il conflitto col sesso maschile, anche e soprattutto a livello personale, è la strada che rende quel conflitto politico, perché è nella costante della quotidianità che si perpetra il dominio maschile fra le mura di casa come sul luogo di lavoro, nei luoghi di cultura e trasmissione di sapere: così come l’uomo domina sessualmente la donna, le nega piacere, autenticità, autonomia fra le lenzuola, poi mette in atto la stessa strategia nella relazione a due e nella relazione sociale e politica.
Lonzi ci sgrana uno ad uno i meccanismi subdoli ben camuffati, per far sì che le donne non vedano la loro condizione.
Lonzi ci avverte che non sentirci oppresse, o ancora peggio il mito dell’emancipazione, ci porta a non vedere, anzi ad illuderci di esserci rese indipendenti, ma non si ferma ad una descrizione, lei pone in modo lapidario l’alternativa: o sulla strada della liberazione o a servizio dell’oppressore.
E’ una lettura che inevitabilmente mette in crisi la lettrice, la inchioda alla riflessione, non le lascia via d’uscita, se non una fuga all’indietro dritta dal luogo da cui è arrivata.
Ho visto giovani donne andare oggi in crisi dopo aver letto “Donna Clitoridea e Donna Vaginale”, rifiutarla, cercare di attaccarne il pensiero, svicolare dalle riflessioni.
Lonzi, quando scrive di uomini e soprattutto quando scrive della donna nel rapporto con l’uomo, rivela la sua eterosessualità: sa bene di cosa sta parlando, ha trovato quei meccanismi in lei e in tutte le donne della società. E’ una scrittura secca, graffiante e molto appassionata. Lei non lascia a chi la legge spazio di manovra così come non lo ha lasciato a se stessa.
Noi ci pronunciamo sull’eterosessualità: non siamo così cieche da non vedere che è un pilastro del patriarcato, non siamo così ideologiche da rifiutarla a priori. Ognuna di noi può studiare quanto le piace o spiace il patriarca e quanto l’uomo.
O ancora
La donna avverte inconsciamente l’atto di sottomissione che le è richiesto per farla accedere al piacere eterosessuale. L’ideale monogamico che le viene imposto trova un punto di saldatura con la sua autenticità: infatti le permette di nobilitare in un rapporto “unico” quella dedizione all’altro che, se estesa a più uomini, perderebbe il suo valore etico, di scelta “particolare” e “particolarmente” motivata per rivelarsi un condizionamento generalizzato delle donne a favore dell’uomo.(…)
Non è più l’eterosessualità a qualsiasi prezzo, ma l’eterosessualità se non ha prezzo.
Ben diverso è lo stile di Rich la quale, quando scrisse Eterosessualità obbligatoria, stava con la compagna; la Rich guarda con molta più indulgenza la cosa, è molto più indulgente verso le donne; si capisce che la relazione con l’uomo è qualcosa che non la riguarda; ben diverso è il tono delle sue parole quando parla della cancellazione dell’amore erotico-romantico fra donne, del lesbismo e delle lesbiche nella storia, nella letteratura, nella cultura in generale.
Diventa chirurgica, lucida, adamantina quando accusa gli uomini, anche quando parla del destino delle lesbiche: punta il dito contro il sistema che hanno eretto in ogni angolo del mondo portando decine di esempi; dai vantaggi che ne traggono al dolore e alla sofferenza che causano:
Questa presunzione del fatto che la sessualità femminile sia eterosessuale mi sembra un dato in sé degno di nota: è qualcosa di enorme che è scivolato silenziosamente fin nelle fondamenta del nostro pensiero. (Eterosessualità obbligatoria. A.Rich)
Traspare per le donne tutte un affetto e una dolcezza profonda e sincera. Non cerca competizione, non fa gerarchia di sfortuna e oppressione fra le donne.
Non propone le lesbiche come più oppresse, ma ne evidenzia la cancellazione quasi totale e imputa questa strategia alla volontà di negare alternative romantiche, erotiche ma anche politiche e culturali alle donne tutte.
Se ci pensate bene tutto l’immaginario romantico della coppia donna-uomo è stato prodotto quasi esclusivamente dagli uomini. Quell’immaginario quindi è maschile, come lo è il romanticismo.
Riconosciamo come romantico quello che gli uomini ci hanno detto che è romantico.
La versione femminile dell’amore romantico ed erotico viene sempre derubricato a “romanzo rosa” a “letteratura per ragazze”, quindi non costituisce mai la base per la costruzione dell’immaginario maschile circa l’amore romantico.

Entrambe queste femministe, in diverso modo, riflettono sulla negazione del piacere clitorideo come atto non solo sessuale ma anche politico, culturale, religioso.
La Lonzi, entrando in polemica aperta con le lesbiche, rivendica una sessualità che vuole come femminile e non come lesbica; una rivendicazione di una sessualità in contrapposizione all’eterosessualità come dominio di potere e al rapporto eterosessuale come bottino maschile, un bottino di piacere esclusivo per il maschio e di capacità riproduttiva: il rapporto eterosessuale porta piacere solo all’uomo mentre per la donna significa procreazione.
Noi vogliamo affermare l’amore clitorideo come modello di sessualità femminile nel rapporto eterosessuale, poiché non ci basta avere il coito né vogliamo che l’ufficialità sulla clitoride appartenga al rapporto lesbico. Però siamo convinte che fin quando l’eterosessualità sarà un dogma, la donna resterà in qualche modo complementare dell’uomo mentre essa può portare dall’adolescenza nel suo bagaglio di intuizioni uno slancio verso le donne su cui rimisurare all’occorrenza lo svolgimento delle relazioni eterosessuali.
La Rich invece pensa alle clitoridi mutilate dall’infibulazione suggerendo, e a ragione direi, che quella mutilazione sia anche finalizzata a disincentivare il sesso fra donne negli istituti matrimoniali poligami e non solo a negare genericamente il piacere delle donne.
Mi rendo conto che molto spesso oramai, anche nel femminismo, si usano in modo talvolta forse poco consapevole i concetti di “eterosessualità obbligatoria”, eteronormato, eteropatriarcato senza aver né letto né riflettuto chi quei concetti li ha pensati, proposti e trasmessi.
La cosa più odiosa è chi, cercando di darsi un tono, cerca di delegittimare il femminismo lesbico spesso dimostrando o di non aver capito o di non aver letto o di non aver riflettuto (a volte più di una cosa insieme), finendo col rivelare la sua lesbofobia interiorizzata, oltre ad una buona dose di misoginia.
Così come è significativo il fatto che C.Lonzi non venga letta o addirittura evitata dalle giovani femministe, nell’illusione che l’obiettivo che queste donne si proponevano sia stato raggiunto; quello che in realtà si è verificato, secondo me, è il monito che femministe come C.Lonzi, C. Ravaioli e C. MacKinnon avevano sottolineato negli anni 70/80: le donne si sono illuse di essere indipendenti, liberate e arrivate, sedotte dall’emancipazione e convinte che il semplice dirsi femministe e a favore della parità ci abbia sottratte dall’oppressione.
La donna emancipata dà all’uomo il confort di regolare la sua emotività su quella di lui, la sua esigenza su quella di lui, la sua versione dei fatti su quella di lui, e così uccide la sua autenticità nell’illusione di non essere sconfitta.
(Carla Lonzi)
[…] da tutte le femministe (o femministe ante litteram) da Christine de Pizan a Simone De Beauvoir, da Adrienne Rich a Carla Lonzi, passando per Mary Wollstoncraft, Kate Millet, Carla Ravaioli e Catharine MacKinnon. […]
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