Tempo fa è accaduta una cosa che mi ha fatto sperimentare in modo molto tangibile quanto le bambine imparino fin da piccole il valore del silenzio.
Premetto che sono madre di due maschi in età scolastica.
Un giorno, all’uscita dalla scuola, uno dei miei figli mi racconta che durante l’intervallo stava giocando con tre sue compagne nel giardino della scuola, quando all’improvviso si sono inseriti prepotentemente due loro compagni che hanno iniziato a strattonare e sferrare calci tutte e quattro (userò il neutro femminile perché mio figlio era l’unico maschio).
Lo hanno fatto senza alcun motivo, la cosa è continuata al rientro in classe fino a quando uno dei due compagni ha letteralmente preso la testa di mio figlio e l’ha sbattuta sul banco. Mio figlio è andato dal maestro per spiegar la vicenda, il quale ha ritenuto opportuno che tutte le bambine e i bambini coinvolte si chiedessero scusa vicendevolmente.
Nel pomeriggio ho contattato le madri (sottolineo le madri, perché sono quasi sempre le madri a dare la disponibilità per i gruppi Whatsapp) le quali hanno a loro volta indagato.
La prima cosa che è emersa è che il racconto di mio figlio collimava perfettamente con quello delle compagne e di un compagno (che era intervenuto in aiuto delle malcapitate, compreso mio figlio).
La seconda cosa che è emersa è che i due maschi che avevano tenuto quel comportamento erano degli habitué: una di loro ha raccontato alla madre di un costante e continuo comportamento vessatorio e violento.
In effetti una delle madri mi ha detto, durante una prima telefonata, che la figlia aveva riportato due episodi, poi, durante una seconda telefonata avvenuta più tardi, ha aggiunto che, contrariamente a quanto riferito all’inizio, si trattava di comportamenti vessatori e violenti messi in atto in modo continuo (spinte, strattoni, furto di materiale); l’altra invece si è mostrata sorpresa perché era convinta che la figlia le raccontasse tutto, tutto tranne quello che le capita di subìre a scuola.
In effetti a ben pensarci questi episodi sono venuti a galla proprio perché a parlare è stato un maschio.
A me quei silenzi non hanno sorpreso affatto. Le bambine fin da piccole imparano a vedere la violenza maschile come qualcosa di usuale, “cose da maschi” vengono definite: la lotta, fare a botte con gli altri maschi, poter fare giochi più “scatenati”. Nel 2022 le bambine imparano che c’è una differenza: i maschi sono liberi di esprimersi e agire molto più liberamente, anche in modo scorretto e irrispettoso, loro invece devono fare le “brave bambine”, non creare problemi (accusare qualcuno è creare problemi).
Ancora oggi non ci si rende conto che stiamo continuando a crescere le bambine e i bambini secondo degli schemi che pongono la differenza di genere, cioè attribuendo ai due sessi dei comportamenti differenti e aspettandosi che i maschi e le femmine si adeguino alle norme dovute agli stereotipi di genere. La norma di genere (ciò che si addice a chi è di sesso femminile) trova terreno fertile anche grazie al fatto che non si prendano in considerazione i silenzi delle bambine (quello che non dicono, quello che non fanno). Nell’indifferenza generale si portano le bambine a fare propri alcuni comportamenti che vengono direttamente o indirettamente suggeriti ancora prima che queste imparino anche a parlare.
Se a due o tre anni di età a una bambina diamo una bambola e la facciamo mettere seduta, possibilmente facendo poco rumore e la lodiamo per quanto è buona, silenziosa e non fastidiosa lei imparerà che quello è il modo giusto di comportarsi; se questa bambina poi vede i suoi coetanei maschi che ricevono palloni, pistole, personaggi che combattono e possono andare a giocare fuori, muovendosi liberamente e facendo confusione, imparerà che quello ai maschi è consentito, va bene e che è una cosa solo da maschio.

Lentamente le bambine vengono “indebolite” ed educate a confinarsi in spazi ridotti limitandosi anche nei movimenti.
Questa è una cosa che noto ad esempio al parco. Le bambine anche all’aperto giocano occupando uno spazio molto minore anche se sono un gruppo di cinque o sei; mentre i bambini, anche se sono in due o tre, si muovono con molta più libertà utilizzando più energie sia fisiche sia mentali. Nel parco vicino casa mia c’è un ovale recintato (che dovrebbe essere una sorta di piccolo pattinodromo) in cui ci sono sempre e solo maschi che giocano a calcio.
Di fatto fin da piccole le bambine imparano il valore della passività, della calma e della compostezza e del rimpicciolirsi per non dare fastidio
I genitori mostrano atteggiamenti differenti nei confronti dei giochi: se una bambina si fa male correndo o giocando in bicicletta spesso riceve un rimprovero (mi è capitato di assistere a queste scene troppe volte), mentre i bambini se si fanno male arrampicandosi (anche impropriamente) sui giochi si sentono dire “dai, non è successo niente” come forma di incoraggiamento per ricominciare il gioco e non farsi bloccare dal trauma.
Un esempio lampante è la salita al contrario sullo scivolo: se lo fa una bambina spesso si sente dire che non si fa e le si indica il verso corretto e la si invita ad osservare le regole; se a farlo è un bambino semplicemente gli si dice di permettere agli altri di scendere, ma se da solo non gli viene fatto notare nulla.
Ma tornando alle conversazioni con le altre madri.
Quando ho parlato con una delle madri mi sono resa conto che le cose che le stavo dicendo per lei erano come vedere una verità avuta sempre sotto gli occhi. Eppure le mie parole della prima chiamata hanno portato la madre a parlare nuovamente con la figlia che è passata dall’aver nascosto qualche episodio all’aver taciuto un continuo essere importunata e maltrattata.
Penso anche che questo silenzio sia legato al fatto che le bambine pensano di non essere credute oppure che spesso vedano sminuire i loro racconti come se il malessere che mostrano dovesse essere costantemente ridimensionato.
I bambini invece raccolgono molta più comprensione, ascolto e vengono difesi molto di più dai genitori: spesso i figli intoccabili e perfetti sono proprio i maschi.
Quanto a me, come femminista e madre di due maschi, mi sento responsabile degli uomini che sto mettendo nel mondo…
….Eppure non vedo tutta questa preoccupazione nei padri che infatti non si interrogano su cosa significa essere virile, su cosa sia la mascolinità (tutta) e che tipo di gerarchie produce fin da piccolissimi.
E come si diventa uomini è una responsabilità esclusivamente dei padri, sono loro gli uomini e sono loro l’esempio in tutto: nei rapporti con le donne, nella sessualità, nel rispetto degli spazi, nella condanna della violenza.